LIEVITI
La Storia
Questa storia racconta il rispetto, il riscatto, la voglio di farcela, l’amore per il lavoro.
Michele e Alfonso Croccia
Il Racconto di Alfonso Croccia
Per me lieviti rappresenta il modo di essere e di fare della nostra famiglia.
A casa nostra gli antichi già facevano questa cosa, e quindi noi vogliamo continuare a portare avanti questa tradizione, e migliorarla, tenendo insieme la tradizione e la sperimentazione, l’innovazione.
La mia passione per la pizza è nata da piccolo.
Quando papà aveva finito di fare l’impasto rimaneva sempre una pallina piccola, perché quando fai l’impasto è così, alla fine rimane sempre una pallina più piccola.
Mio padre questa pallina la dava a me e mi faceva giocare, e io facevo una pizza più piccola; è stato così che ho cominciato a pensare che quello del pizzaiolo era un bel mestiere, che quando diventavo grande mi sarebbe piaciuto farlo come lavoro.
Quando mio padre mi ha detto che aveva fatto fare questa storia che cammina anche per me ho provato bei sentimenti.
Lui sa che posso crescere e che si può fidare di me. Regalandomi le scarpe mi ha voluto dedicare il suo rispetto nei miei confronti.
Quando mi avete chiamato e ho visto le scarpe che ho scelto, le sneakers classiche, sono stato contento.
Penso che mio padre le ha fatte fare perché hanno una storia dietro, una storia che si tramanda di generazione in generazione. Lo ringrazio con molto cuore.
Il lievito è per me l’emblema della vita. Come nel lievito, anche nella vita c’è una fase di crescita e poi di discesa, è un processo naturale, l’importante è dare il tempo giusto alle cose, dare loro il giusto valore.
Quando penso al lievito penso innanzitutto a mia nonna.
Ricordo che avevo 3 – 4 anni e già andavo a mettere le mani nella pasta che lei aveva aveva fatto lievitare per fare il pane. Per me era un gioco, e lei a volte si arrabbiava, perché voleva che niente andasse sprecato.
Ricordo anche che al tempo ‘o luvato, il lievito, si scambiava di famiglia in famiglia, veniva rinnovato 3 – 4 volte a settimana. Oggi faceva il pane la mia famiglia, domani lo faceva uno zio, una zia e si lasciava sempre un pezzo di lievito si passava da una famiglia all’altra. In questo passaggio da famiglia a famiglia si passava il rispetto che c’era tra le persone, il rispetto che era alla base di tutto, mi viene la pelle d’oca ogni volta che lo ricordo. Non a caso mia nonna alle persone che non rispettava, e che non mostravano rispetto, ‘o luvato non lo dava.
In realtà all’epoca, alla base di qualsiasi lavoro, di qualsiasi fare, c’era il rispetto tra le persone, che era una cosa superiore a tutto il resto, compresi i soldi.
Non contava niente, solo il rispetto contava, il rispetto tra le persone. E quando si doveva dare un qualcosa a una persona, si doveva dare una mano, si doveva aiutare in qualsiasi modo, si lasciava tutto il resto da parte, si doveva fare e basta, non c’erano scusanti.
Tornando a me, voglio dire che vivo la mia vita come un riscatto, per me riuscire nella vita, riuscire in un piccolo paese come Cip, nel Cilento, è una grande soddisfazione. Il senso di riscatto è quello di riuscire, nella propria terra, a creare un qualcosa che ti porti dentro e che poi man mano, con la tua crescita, si sviluppa con naturalezza.
Per concludere, ci tengo a dire che questa storia è dedicata innanzitutto a mio figlio Alfonso, al quale ho regalato le mie stesse scarpe. Spero che esse siano una guida per la sua vita futura, le scarpe in cui camminare per trovare la sua via. Per petersi realizzare nella vita tenendo sempre fede ai valori della nostra famiglia.
Insieme a lui, è dedicata a tutte le persone vere, quelle che condividono il mio approccio e il mio modo di fare, il rispetto della natura, il rispetto delle regole, il rispetto della verità, il rispetto del lavoro, l’amore per le cose fatte bene.
Michele Croccia