IL FILO DI ADRIANA

LA STORIA

Questa storia cammina perché la porto ogni giorno con me da Caselle in Pittari a Temperley, in Argentina, e la voglio mostrare al mondo.  Voglio camminare con questa mia storia perché così mi sento sempre a Caselle.

ADRIANA SPERANZA

Un po’ di me
Ho 62 anni, sono nata e vivo in Argentina, a Temperley. Sono già pensionata ma continuo a lavorare perché ho ancora le forze, perché così integro la pensione e perché per ora non saprei che fare tutto il giorno a casa. Faccio l’impiegata per una finanziaria dal 1993, il mio posto di lavoro è a Buenos Aires, la capitale. Sono divorziata e vivo con mia figlia e mia mamma.

Ho scritto e riscritto questa storia una, due, tante volte per decidere bene cosa voglio raccontare. Il mio cuore è sempre a Caselle, tutti i giorni, però ho pensato che se cammino con la mia storia la mia comunità la porto con me, la tengo più vicino a me.

Mi piace camminare, quando cammino mi ritrovo con mio padre, che è nato a Caselle, è per questo che mi piace tornare, tornare e tornare.

Le amiche e gli amici, le cugine e i cugini tante volte mi dicono “quando vai in italia approfittane, è un paese molto bello, visita altri posti, vedi altre cose”, io lo capisco, però poi mi domando dove voglio stare, dove mi sento davvero bene, e ogni volta mi rispondo “a Caselle”.

Caselle è il mio posto nel mondo, il mio luogo dell’anima. La prima volta che ci sono stata era il 1980, avevo 20 anni, ci sono andata insieme a mio padre e a mia madre.
Dico la verità, se potessi ci vorrei tornare sempre, per me è come rinascere ogni volta, mi ci trovo molto bene, come ho detto è il mio posto, è lì che mi sento me stessa. È così, quando sono qui in Argentina sono la mamma, sono la figlia, sono l’impiegata, mentre a Caselle sono io, faccio quello che mi piace, cammino, cammino vicino a mio padre, sento che lui mi accompagna sempre, ogni giorno della mia vita, lui è sempre dietro le mie spalle. Sono convinta che è lui che mi porta a Caselle, penso che il sangue è quello che più di ogni altra cosa ci tiene insieme.

Ormai in famiglia lo sanno tutti, le mie cugine che sono qua in Argentina me lo dicono spesso, “se vogliamo sapere qualcosa della famiglia di Caselle dobbiamo parlare con te”, la verità è che a me piace, ho cominciato anche a fare il mio albero genealogico e anche se mi manca qualche cosa è evidente che la mia storia è lì, a Caselle.

Nel 2020, l’anno in cui è cominciata la pandemia, è successo una cosa molto buffa. Avevo deciso di andare, insieme a una mia amica, a fare le vacanze a New York, lei aveva lì una parte della famiglia e voleva andare a trovarla, avevamo fatto anche il biglietto e tutto però poi è venuta la pandemia, è stato chiuso tutto e non siamo più potute andare. In quell’ìoccasione mia figlia mi disse “mamma senti, tu non puoi andare in un altro posto, il tuo posto è Caselle, non chiedere di andare in un altro posto nel mondo, perché vedi poi che succede”. L’ho detto, è buffo, ma è successo davvero.

Dopo che nel 2013, ci sono tornata così, all’improvviso, perché mi è arrivata la notizia che si sposava un mio cugino e io ci sono voluta andare, ci sono andata quasi ogni anno, ogni volta che ho potuto, a Caselle mi sento io, alla fine è questa la mia storia, il filo del sangue che mi porta e mi tiene.

Mio padre mi parlava sempre di Caselle, anche se in casa non parlava mai italiano. Parlava casellese quando venivano i suoi paesani, italiano con gli amici italiani, però a casa con noi no, in casa si parlava solo lo spagnolo.
Lui era sarto, e quando è venuto qui in Argentina ha fatto un po’ di scuola per imparare lo spagnolo, gli serviva più che altro per il suo lavoro, doveva parlare più con gli argentini che con gli italiani e dunque a casa si parlava solo spagnolo.

Dopo che lui è morto anche io ho cominciato a studiare un poco di italiano qui in Argentina, però a casa anche se mamma parla italiano è rimasta l’abitudine di parlare spagnolo, e questo ha fatto sì che mia figlia l’italiano lo capisce ma non se la sente di parlarlo. Anche quando ci troviamo con gli altri cugini parliamo solo spagnolo, forse è uno sbaglio che abbiamo fatto, anche se devo dire che l’attaccamento all’Italia non è mai venuto meno, ci è rimasto il desiderio di vedere l’altra parte delle nostre famiglie, di sapere come stanno, come crescono le loro famiglie, chi ne fa parte.

Confesso che mi piace molto ascoltare i racconti di famiglia, non solo della parte di papà ma anche da quella di mamma, che è nata in Argentina però anche i suoi genitori erano casellesi.
Mi piace sapere che cosa ho dietro di me, chi è venuto prima di me, e perché sono qua in Argentina. Alla fine le mie radici sono a Caselle, è quella la nostra terra, la nostra storia. Per me è così, e ne vado orgogliosa.