CADI, IMPARA, RIPARTI
La Storia
Non importa la marca delle scarpe o dell’abito che indossi, ma l’animo e la coscienza che coltivi e il modo in cui porti il tuo abito mentale nel mondo.
Laura Ressa
I passi che facciamo per camminare implicano un distacco alternato da terra. Per un attimo dobbiamo perdere l’equilibrio per avanzare.
Io ho sempre avuto paura di perdere l’equilibrio, di perdere me stessa, di scomparire agli occhi degli altri, di non essere importante per nessuno, di non avere il controllo sulla mia vita. Ho sempre anche avuto paura della fine: di quell’epilogo naturale che spetta a tutti. Il distacco da qualcosa, che sia una condizione o la vita, mi ha fatto sempre tremare.
Lottare, resistere, combattere: con questi verbi le persone che ho incontrato hanno cercato di darmi indicazioni su come sostenere meglio il peso di ciò che temevo.
Così mi sono convinta che bisognasse sempre imparare dalle proprie piccole o grandi battaglie. C’è chi ne affronta molte e impara, c’è chi non impara da esse. C’è chi poi non avrà mai modo di imparare perché non si troverà mai davvero ad affrontarne, se non quando guarderà in faccia la fine.
Ma il punto è: la fine può ripetersi ogni giorno se decidi di non vivere.
Il messaggio che mi guida è nel concetto di verità, in quello di trasparenza e coerenza, in quello di fragilità. Dobbiamo avere la forza di abbracciare le nostre fragilità senza travestirle.
Non è vero che dobbiamo mostrarci sempre forti e vincenti: usare la forza a volte fa perdere di vista il fatto che la percezione di potere non ci restituisce dignità.
Potrai urlare alla vita e prenderla in mano solo se avrai la forza di essere debole, di alzarti dopo aver inciampato, di coltivare un animo pulito a prescindere dal resto e anche quando tutti ti faranno capire che è più furbo macchiarlo.
Mia madre quando ero bambina mi ripeteva sempre: “non mi importa se gli altri si sono comportati male, mi importa come ti sei comportata tu!”
Quando penso a dove voglio portare questa storia penso alle persone che perdono la propria strada e che si bloccano pensando di non riuscire a fare altri passi. Penso a chi perde il lavoro, a chi affronta una malattia, a chi viene umiliato, a chi ha talento ma è guidato da inetti, a chi ha tanto da dare ma nessuno che sappia cogliere quel tanto, a chi subisce le angherie di chi si crede migliore. Penso a chi convive ogni giorno con lupi travestiti da agnelli, a chi si sente un vaso di terracotta sbattuto contro lastre di ferro.
A molti può capitare di pensare di aver perso la strada, di non riconoscersi più in quel che fanno.
Non dare nulla per scontato è il messaggio che vorrei arrivasse a chi pensa di essersi perso e invece può cominciare a guardare da altre prospettive. Cadendo impariamo ad alzarci.
Non dobbiamo aver paura di cadere! Anche i bambini per imparare a camminare, devono imparare come cadere per non farsi più troppo male.
Allaccia queste scarpe senza pensare esattamente a cosa percorrerai: libera il respiro e pulisci l’animo. E soprattutto: cadi riponendo fiducia nelle tue gambe.
Infine, voglio aggiumgere che ho scelto di portare ai piedi le scarpe del lavoro ben fatto perché sento che raccontano la mia vita e tutto ciò che la mia famiglia mi ha insegnato. Fare bene le cose, cercare di dare il meglio alle persone e in quel che si fa.
Non importa in che modo vuoi apparire e quali mete cerchi di raggiungere: la tua coscienza sarà sempre più importante del tuo status sociale.
È questo il fondamento su cui si basa la mia vita. Quando da adolescente provai a imparare il punto croce, guardavo spesso dietro la stoffa il filo ingarbugliato. Non andava bene lavorare in quel modo, perché ciò che è ingarbugliato dietro dove nessuno guarda apparirà ingarbugliato anche sulla superficie visibile a tutti. Io credo che anche le persone siano così: i nostri ingarbugliamenti interiori però possono essere di vari tipi. Ci si può ingarbugliare perché si sta imparando oppure perché si nasconde un volto diverso dietro la superficie. Un po’ come nella storia di Dorian Gray.
La mia famiglia mi ha insegnato che bisogna fare le cose al meglio delle nostre possibilità. Se ci riesce di farcela, bene. Se non si riesce non è un dramma, si può ancora imparare sempre e fare del proprio meglio. Questo vale soprattutto come promemoria quando mi sento tentava di fare le cose alla buona, senza anima e senza un briciolo di attenzione.
È un pensiero che a volte mi ha sfiorata, ma che non è riuscito ad attecchire in me perché provo un senso di profonda gratitudine nei confronti della vita. Mi dico sempre che non ha senso fare le cose male solo per aderire a un esempio sbagliato. Chi fa male le cose, chi tratta male le persone, chi ha smesso di imparare, ha smesso di vivere.